Caschi blu

Per mantenimento della pace, in ambito ONU, s'intendono tutte quelle azioni volte a contrastare le minacce alla pace, la violazione della pace e gli atti di aggressione secondo quanto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite.

Caratteristiche

La Carta ONU all'articolo 1 prevede come finalità principale dell'organizzazione il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali; l'articolo 2 paragrafo 4 enuncia poi il divieto di ricorrere all'uso della forza o a anche alla semplice minaccia della forza nelle relazioni internazionali.

Tra gli strumenti ONU per il perseguimento di questi fini si suole distinguere[1]:

  • Strumenti coercitivi ex capo VII della Carta ONU, quali:
    • sanzioni;
    • Mantenimento della pace attraverso l'invio di unità militari ad interporsi tra i contendenti, in missioni che trovano il proprio fondamento giuridico nel consenso dato dalle parti in causa alla decisione del Consiglio di sicurezza;
    • Imposizione della pace attraverso l'invio di unità militari, che trovano il proprio fondamento giuridico nel mandato conferito dal Consiglio di sicurezza indipendentemente dalle parti in conflitto.

Storia

A partire dall'entrata in vigore della Carta dell'ONU, su iniziativa del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sono avute due diverse tipologie di interventi delle Nazioni Unite ai fini della salvaguardia della pace e della sicurezza internazionali: la prima è caratterizzata dalle operazioni di pace “classiche” (che intervenivano fondamentalmente in conflitti interstatali, svolgendo soprattutto attività di carattere militare), mentre nella seconda hanno prevalso le operazioni di pace “di seconda generazione” (interventi in conflitti interni agli Stati, con attività anche di natura civile e umanitaria e la partecipazione sia di militari che di forze di polizia e operatori civili)[2].

Il sistema di sicurezza collettivo delle Nazioni Unite

Il sistema di sicurezza collettivo istituito nella Carta delle Nazioni Unite al capo VII contempla un «ruolo esclusivo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di nessun altro organo o organizzazione internazionale»[3]. Stante sicuramente l'obbligo di tutti gli Stati membri di adempiere alle prescrizioni dettate dal Consiglio di sicurezza, quando si pronuncia ai sensi del capo VII della Carta, la dottrina si è soffermata circa i «diversi significati delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a seconda che queste contengano ‘raccomandazioni’, ‘autorizzazioni’ o ‘deleghe’. È stato sottolineato in particolare che, mentre l’effetto di una ‘raccomandazione’ sarebbe quello di esortare i singoli Stati a tenere un comportamento in sé lecito, attraverso l’autorizzazione il Consiglio inviterebbe gli Stati a tenere un comportamento altrimenti illecito. La delega infine avrebbe l’effetto di trasferire agli Stati un potere del Consiglio a prescindere dalla possibilità per gli Stati di esercitarlo autonomamente, ovvero anche senza la delega»[4].

In realtà, nel sistema delle Nazioni Unite "l’uso della forza – come concepito dal Trattato istitutivo dell’Organizzazione – si sarebbe dovuto tradurre: a) in azioni intraprese dal Consiglio di Sicurezza ai sensi dell’art. 43; b) nella eventuale delega a favore di organizzazioni regionali ai sensi dell’art. 53 dello stesso Trattato. Ma la prima ipotesi non si è mai realizzata; al contrario, è invalsa la prassi del Consiglio di Sicurezza di autorizzare gli Stati ad usare la forza militare"[5]. A questo tipo di erosione del sistema di sicurezza collettivo in direzione degli Stati membri (definita una vera e propria patente di corsa) non corrisponde però analoga erosione verso altri organi delle Nazioni Unite, stante l'ostilità con cui è stata accolta in dottrina la risoluzione Uniting for peace.

La Corte europea dei diritti dell'uomo «ha ritenuto che le risoluzioni con le quali il Consiglio di sicurezza autorizza gli Stati ad adottare misure implicanti l’uso della forza debbano essere interpretate tenendo conto che accanto al fine del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale previsto all’art. 1, par. 1, della Carta, il par. 3 del medesimo articolo prevede che le Nazioni Unite sono state create per realizzare la cooperazione internazionale in materia di promozione e protezione dei diritti dell’uomo e che, ai sensi dell’art. 24, par. 2, della Carta, il Consiglio di sicurezza è chiamato ad esercitare le sue competenze, incluse quelle di cui al capitolo VII, in conformità con i fini e i principi della Carta»[6].

Note

  1. ^ Lucidi UNIPV (PPT) [collegamento interrotto], su www-3.unipv.it.
  2. ^ Osservatorio di politica internazionale, n. 13 – 25 febbraio 2009, Il Brasile e le Missioni di Pace delle Nazioni Unite a cura del CeSPI (Centro Studi di Politica Internazionale) Archiviato il 27 agosto 2016 in Internet Archive., pagina 1.
  3. ^ L. Forlati, Introduzione, in L. Picchio Forlati (a cura di), Le Nazioni Unite, Collana di testi e documenti, raccolti da Alberto Miele, Giappichelli, 1998, p. 32, secondo cui però tale ruolo non fungibile, nell’attuale assetto delle relazioni giuridiche internazionali, consisterebbe non solo nell'intervento diretto dei caschi blu ma anche "nel permettere agli Stati membri l’uso, e la minaccia di uso, della forza".
  4. ^ B. CONFORTI, C. FOCARELLI, Le Nazioni Unite, Padova, 2015, p. 322, cit. in Raffaella Nigro, La risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2249 (2015) e la legittimità dell’uso della forza contro l’ISIS in base al diritto internazionale, (doi: 10.12829/83142) Diritti umani e diritto internazionale (ISSN 1971-7105), fascicolo 1, gennaio-aprile 2016.
  5. ^ Giovanni Battaglini, Cristina Fioravanti, Nazioni Unite e NATO negli interventi armati (doi: 10.1437/3189), Politica del diritto (ISSN 0032-3063), Fascicolo 2, giugno 1999, che prosegue: "inoltre, perlomeno nella c.d. guerra del Golfo da lui non intrapresa, il Consiglio di Sicurezza ha autorizzato l’operazione militare solo entro dati limiti così implicitamente assoggettati al suo controllo (liberazione del Kuwait, ma non debellatio dell’Iraq)".
  6. ^ Laura Magi, Gli obblighi incompatibili derivanti dalla CEDU e dalla Carta delle Nazioni Unite, nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani: riflessioni critico-ricostruttive, in "Diritti umani e diritto internazionale, Rivista quadrimestrale" 3/2015, p. 526, doi: 10.12829/81875.

Bibliografia

  • Antonio Marchesi, Diritti umani e Nazioni Unite. Diritti, obblighi e garanzie, FrancoAngeli, 2007 ISBN 9788846488725.
  • Guillaume Devin, Making Peace: The Contribution of International Institutions, 978-1-349-29716-0, 978-1-137-00212-9 Palgrave Macmillan US 2011.

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