Francesco Fausto Nitti

Francesco Fausto Nitti

Francesco Fausto Nitti (Pisa, 2 settembre 1899Roma, 28 maggio 1974) è stato un antifascista e partigiano italiano. Fu fra i fondatori di diverse organizzazioni di primo piano dell'antifascismo, fra le quali Giustizia e Libertà.

Biografia

Figlio di Vincenzo, un pastore evangelico, e di Paola Ciari, nonché pronipote dell'ex presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti, partì volontario nella prima guerra mondiale, e fu promosso sergente per meriti di servizio e insignito di croce al merito di guerra.

Ottenuto a Roma il diploma di maturità classica, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza all'Università di Roma. Successivamente all'aggressione patita dal prozio ex presidente del Consiglio ad opera di squadristi, si dedicò alla politica clandestina e diede vita insieme ad altri ad una società segreta denominata "Giovane Italia".

Al confino

Il 1º dicembre 1926 fu condannato a cinque anni di confino e destinato dapprima a Lampedusa poi a Lipari[1]. Qui conobbe Carlo Rosselli ed Emilio Lussu, con i quali evase il 27 luglio 1929 su un natante condotto da Italo Oxilia[2]. Condotto insieme ai compagni di fuga prima in Tunisia e poi in Francia, a Parigi scrisse una cronaca della fuga pubblicata nel 1929 in inglese col titolo di Escape, in edizione italiana solo nel 1946 (Le nostre prigioni e la nostra evasione, Prefazione di Francesco Saverio Nitti, Napoli, ESI, 1946), che ebbe un discreto successo editoriale e fu tradotta in diverse lingue.

Fu uno dei fondatori di Giustizia e Libertà. Si stabilì in seguito a Périgueux, donde mosse nel marzo del 1937 alla volta della Spagna nel pieno della sua guerra civile.

Nella guerra civile spagnola

Quivi assunse il comando del battaglione Rojo y Negro, prevalentemente composto da giovani anarchici inquadrati nell'esercito repubblicano; di lì a poco il battaglione si sarebbe vanamente impegnato nella battaglia di Huesca, in sostegno alla XII brigata internazionale "Garibaldi". Nel successivo agosto fu vittorioso a Codo e a Belchite, poi fu assegnato al 3º battaglione della 153ª brigata mista. Con questa visse la ritirata, partecipando (inquadrato in un reparto di artiglieria) alla battaglia dell'Ebro.

Tornato in Francia, fu internato nel campo di Argelès-sur-Mer, poi inviato al castello di Collioure per questioni disciplinari. Qui organizzò uno sciopero della fame dei detenuti interrotto grazie alla pressione dell'opinione pubblica.

Nella seconda guerra mondiale

Trasferitosi a Tolosa, fu uno degli organizzatori di una rete spionistica clandestina per conto del Bureau central de renseignements et d'action della Francia libera. Nel dicembre 1941 il reseau Bertaux di cui faceva parte fu smantellato in seguito all'arresto di uno dei suoi membri; anche Nitti fu arrestato e condannato ad un anno di reclusione che scontò fra Lodève, Mauzac e Saint-Sulpice-la-Pointe. Terminata la reclusione fu però ulteriormente internato a Le Vernet come straniero pericoloso. Di qui il 30 giugno 1944 fu deportato dai nazisti (su un treno in seguito sinistramente noto come le train fantôme, il treno fantasma) verso il campo di concentramento di Dachau, ma durante il lungo viaggio riuscì rocambolescamente ad evadere nella zona della Haute Marne[3].

Si aggregò alla Resistenza francese, con i partigiani di Varennes-sur-Amance, nel successivo agosto fu smobilitato.

Al termine delle ostilità fu insignito in Francia della Médaille de la Résistance, mentre in Italia ebbe a dirigere per l'ANPI la rivista Patria Indipendente. Fu poi consigliere comunale a Roma. In occasione delle elezioni politiche del 1968 si candidò per il Partito Socialista Unificato alla Camera dei deputati nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone, non risultando eletto.

Massoneria

Non si conosce l'anno di adesione alla Massoneria. A Parigi stabilì intensi contatti con la locale massoneria, cui già aderiva in Italia, e fu membro della Loggia "Italia Nuova" di Parigi, all'Obbedienza della Gran Loggia di Francia[4] e quale rappresentante dell'antifascismo tenne conferenze negli anni Trenta presso numerose logge francesi, che grazie alle sue buone capacità oratorie e alla sua padronanza del francese riscuotono notevolissimo successo di pubblico[5]. In questo ambiente anche organizzò la partecipazione massonica a fianco della repubblica nella guerra civile spagnola. All'indomani della Seconda Guerra Mondiale aderì al Grande Oriente d'Italia e fu maestro venerabile della Loggia "Scienza e Umanità" all'Oriente di Roma.

Opere

  • Chevaux 8, Hommes 70 (1944)
  • Le nostre prigioni e la nostra evasione (1946)
  • Il maggiore è un rosso (1953)
  • La massoneria spagnola nella guerra civile e dopo (1971)

Note

  1. ^ Commissione di Roma, ordinanza del 1.12.1926 contro Francesco Nitti e altri (Pisa 27.9.1899, impiegato): (“Attività antifascista, apologia di attentato al capo del governo, svolgono attività antifascista”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1316.
  2. ^ Per la biografia si rimanda alle seguenti opere di Antonio Martino: Fuorusciti e confinati dopo l'espatrio clandestino di Filippo Turati nelle carte della R. Questura di Savona in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s., vol. XLIII, Savona 2007, pp. 453-516; Pertini e altri socialisti savonesi nelle carte della R.Questura, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma, 2009.
  3. ^ Racconta Nitti in Chevaux 8, Hommes 70, pp. 99, 105-106: «L'idea dell'evasione mi aveva preso dall'inizio, come a molti altri miei compagni; avevo compreso che era l'unico modo di salvarmi. In molte occasioni e soprattutto durante i trasferimenti, avrei potuto realizzare il mio piano, ma ogni volta, a causa di qualche imprevisto, dovevo rinunciare. Ora dovevo agire a ogni costo. Il treno si stava avvicinando alla frontiera tedesca [...] Verso le nove e mezzo, vidi passare la stazione di Lecourt, sulla linea di Neufchâteau. Poi cominciai a discernere le ombre dei miei compagni […] Compresi che l'operazione era cominciata; vidi che le assi rimosse facevano penetrare una flebile luce attorno a noi. Il mio turno era arrivato. Le braccia dei miei compagni mi sostennero, mi abbassai e mi ritrovai tra le ruote in un fracasso assordante. Meccanicamente, eseguì i movimenti che già molte volte avevo ripetuto mentalmente. Sentì uno choc alle ginocchia e mi trovai tutto d'un colpo steso in mezzo alle rotaie, il viso contro la terra, le braccia attaccate al corpo [...] Sapevo che diciassette vagoni dovevano passare su di me. Il tempo mi sembrava lungo. Guardai verso la parte posteriore del treno e credetti di vedere che dovevano ancora passare pochissimi vagoni. In effetti, qualche istante dopo, l'aria fresca della campagna soffiava sul mio volto». Cfr. Francesco Cecchetti, Vernet Archiviato il 23 marzo 2013 in Internet Archive., isgrec.it.
  4. ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Milano-Roma, Mimesis-Erasmo, 2005, p. 197.
  5. ^ Santi Fedele, "La diaspora massonica e l'antifascismo", in: La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Sergio Moravia, Mondadori, Milano, 2019, p. 207.

Bibliografia

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