Guido Pasolini

Guidalberto Pasolini detto Guido, nome di battaglia "Ermes" (Belluno, 4 ottobre 1925 – Cividale del Friuli, 12 febbraio 1945) è stato un partigiano italiano. Morì appena diciannovenne nei fatti legati all'eccidio di Porzûs, tragico e controverso episodio della Resistenza Italiana in cui diciassette partigiani delle Brigate Osoppo furono trucidati da un gruppo di partigiani comunisti appartenenti alle Brigate Garibaldi, per motivazioni politiche non legate alla lotta contro il nazifascismo.
Biografia

Guido Pasolini era figlio di Carlo Alberto e Susanna Pasolini e fratello minore di Pier Paolo. Entrò in clandestinità alla fine del maggio 1944, subito dopo aver conseguito la maturità scientifica a Pordenone presso il liceo "M. Grigoletti", optando per l'impegno attivo nella lotta contro l'occupazione tedesca del Friuli rispetto a quella che era l'intenzione iniziale di iscriversi all'università. Assunto il nome di battaglia "Ermes", divenne membro delle Brigate Osoppo dell'Est, raggiungendo le malghe di Porzûs sul monte Topli Uork, sede del loro comando, con un gruppo di partigiani guidati dal capitano Aldo Bricco "Centina", la sera del 6 febbraio 1945.
Divenne, quindi, un effettivo della formazione Osoppo Friuli prima nella zona di Pielungo, poi nella zona di Attimis-Faedis-Nimis, nella quale si era costituita la Zona Libera del Friuli Orientale. È in questa zona che si verificheranno il 7 febbraio 1945, quasi verso la fine del conflitto mondiale, i tragici eventi delle malghe di Porzûs.
Il 7 febbraio 1945 fu catturato alla malghe Topli Uork da un gruppo di partigiani comunisti appartenenti ai GAP friulani delle Brigate Garibaldi, capeggiati da Mario Toffanin (nome di battaglia Giacca). Il comandante di Guido Pasolini, Francesco De Gregori, venne ucciso subito con altri tre compagni, mentre lui viene trasferito con altri compagni al Bosco Romagno, vicino a Cividale del Friuli.
Sottoposto ad interrogatorio e processato in modo sommario il 12 febbraio 1945, la stessa mattina venne condotto sotto scorta sul luogo destinato all'esecuzione, dove venne fatta scavare la fossa da lui assieme ad altri tre partigiani osovani. Riuscì a fuggire in circostanze poco chiare, ma nella fuga fu ferito dai suoi inseguitori alla spalla e al braccio destro. Raggiunta a fatica la vicina frazione di Sant'Andrat dello Judrio in comune di Corno di Rosazzo, si fece medicare presso la locale farmacia di Quattroventi.
Da qui proseguì a piedi verso il vicino paese di Dolegnano, ove ottenne ospitalità da una famiglia locale. Nell'abitazione arrivarono due partigiani del luogo, probabilmente allertati dalla farmacista, che lo condussero in un'altra casa, nella quale fece irruzione il partigiano Mario Tulissi che, dopo aver preso ordini, prelevò il ferito con la scusa di condurlo al vicino ospedale di Cormons per garantirgli le cure del caso. "Ermes" fu quindi consegnato ai due gappisti, dai quali era riuscito a sfuggire la mattina, che lo finirono.
I suoi resti furono riesumati a guerra finita tra il 10 e il 20 giugno 1945 assieme a quelli delle altre vittime dell'eccidio. Dopo il solenne funerale celebrato a Cividale il 21 giugno 1945, i resti di Pasolini vennero traslati a Casarsa, ove tuttora riposa in una tomba vicino all'ingresso del cimitero, che l'amministrazione locale ha riservato ai suoi Caduti per la Libertà (nello stesso cimitero a qualche metro di distanza riposa il fratello Pier Paolo).
Il ricordo del fratello Pier Paolo
Pier Paolo Pasolini rievocò varie volte la morte del fratello Guido, cui era legatissimo. Il problema del rapporto fra osovani e garibaldini era stato esplicitato da Guido in una celebre lettera al fratello del 27 novembre 1944 (il testo è riportato per estratto, con la punteggiatura ed eventuali errori originali secondo il metodo della trascrizione diplomatica):

Il 21 giugno 1945, il corpo di Guido Pasolini - riesumato in località Bosco Romagno - viene portato a Casarsa, e lì tumulato: per l'occasione Pier Paolo compone un elogio funebre, nel quale fra l'altro afferma:
In una lettera del 21 agosto 1945 indirizzata all'amico poeta Luciano Serra, Pier Paolo così ricostruì la vicenda:
Lo stesso mese scriverà nel suo diario denominato Stroligut la seguente poesia per il fratello:
«La livertat, l'Itaia
e quissa diu cual distin disperat
a ti volevin
dopu tant vivut e patit
ta quistu silensiu
Cuant qe i traditours ta li Baitis
a bagnavin di sanc zenerous la neif,
"Sçampa - a ti an dita - no sta tornà lassù"
I ti podevis salvati,
ma tu
i no ti às lassat bessòi
i tu cumpains a murì.
"Sçampa, torna indavour"
I te podevis salvati
ma tu
i ti soso tornat lassù,
çaminant.
To mari, to pari, to fradi
lontans
cun dut il to passat e la to vita infinida,
in qel dì a no savevin
qe alc di pì grant di lour
al ti clamava
cu'l to cour innosent.»
«La libertà, l'Italia
e chissà Dio quale destino disperato
ti voleva
dopo aver vissuto e patito
in questo silenzio.
Quando i traditori nelle Baite
bagnavano di sangue generoso la neve,
"Scappa - ti hanno detto - non tornare lassù"
Ti potevi salvare,
ma tu
non hai lasciato soli
i tuoi compagni a morire
"Scappa torna indietro"
Ti potevi salvare,
ma tu
sei tornato lassù,
camminando.
Tua madre, tuo padre, tuo fratello
lontano
con tutto il tuo passato e la tua vita infinita,
in quel giorno non sapevano
che qualcosa più grande di loro
ti chiamava
col tuo cuore innocente.»
La condanna dell'eccidio e dei suoi autori fu netta: in una lettera al direttore del Mattino del Popolo dell'8 febbraio 1948, il poeta invitò perentoriamente:
(...)
Se ne vanno... Aiuto, ci voltano le schiene,
le loro schiene sotto le eroiche giacche
di mendicanti, di disertori... Sono così serene
le montagne verso cui ritornano, batte
così leggero il mitra sul loro fianco, al passo
ch'è quello di quando cala il sole, sulle intatte
forme della vita - tornata uguale nel basso
e nel profondo! Aiuto, se ne vanno! Tornano ai loro
silenti giorni di Marzabotto o di Via Tasso...
Con la testa spaccata, la nostra testa, tesoro
umile della famiglia, grossa testa di secondogenito,
mio fratello riprende il sanguinoso sonno, solo
tra le foglie secche, i caldi fieni
di un bosco delle prealpi - nel dolore
e la pace d'una interminabile Domenica...
Eppure, questo è un giorno di vittoria!
Nella risposta ad un lettore della rivista Vie Nuove del 15 luglio 1961, Pasolini scrisse:
Lei sa che la Venezia Giulia è al confine tra l’Italia e la Jugoslavia: così, in quel periodo, la Jugoslavia tendeva ad annettersi l’intero territorio e non soltanto quello che, in realtà, le spettava. È sorta una lotta di nazionalismi, insomma. Mio fratello, pur iscritto al Partito d’Azione, pur intimamente socialista (è certo che oggi sarebbe stato al mio fianco), non poteva accettare che un territorio italiano, com’è il Friuli, potesse esser mira del nazionalismo jugoslavo. Si oppose, e lottò.
Negli ultimi mesi, nei monti della Venezia Giulia la situazione era disperata, perché ognuno era tra due fuochi. Come lei sa, la Resistenza jugoslava, ancor più che quella italiana, era comunista: sicché Guido, venne a trovarsi come nemici gli uomini di Tito, tra i quali c’erano anche degli italiani, naturalmente le cui idee politiche egli in quel momento sostanzialmente condivideva, ma di cui non poteva condividere la politica immediata, nazionalistica.
Egli morì in un modo che non mi regge il cuore di raccontare: avrebbe potuto anche salvarsi, quel giorno: è morto per correre in aiuto del suo comandante e dei suoi compagni. Credo che non ci sia nessun comunista che possa disapprovare l’operato del partigiano Guido Pasolini. Io sono orgoglioso di lui, ed è il ricordo di lui, della sua generosità, della sua passione, che mi obbliga a seguire la strada che seguo. Che la sua morte sia avvenuta così, in una situazione complessa e apparentemente difficile da giudicare, non mi dà nessuna esitazione. Mi conferma soltanto nella convinzione che nulla è semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze: e che quello che conta soprattutto è la lucidità critica che distrugge le parole e le convenzioni, e va a fondo nelle cose, dentro la loro segreta e inalienabile verità[6]»
Pier Paolo Pasolini - ricordandone la tragica fine - dedicherà a Guido la poesia Vittoria, in occasione della ricorrenza del 25 aprile 1964[7].
Presso l'archivio del seminario vescovile di Udine venne infine ritrovata una poesia inedita dedicata a Guido dal fratello, probabilmente composta nell'immediatezza della notizia della sua morte:
Non ricordi più il tuo nome? Ermes, ritorna indietro,
davanti c'è Porzus contro il cielo
ma voltati, e alle tue spalle
vedrai la pianura tiepida di luci
tua madre lieta, i tuoi libri.
Ah Ermes non salire,
spezza i passi che ti portano in alto,
a Musi è la via del ritorno,
a Porzus non c'è che azzurro. (...)»
Pier Paolo Pasolini scrisse durante la guerra un dramma teatrale in lingua friulana, I Turcs tal Friùl[9], recuperato postumo nel 1976 da Luigi Ciceri, amico di Pier Paolo Pasolini. In tale dramma viene rievocata l'invasione dei Turchi in Friuli del 1499; essi sfiorarono il paese di Casarsa della Delizia. Nel dramma uno dei due fratelli, Meni, combatte duramente i Turchi e perde la vita salvando il paese, mentre l'altro, Pauli, rimane a casa a lavorare e pregare salvandosi[10].
Riconoscimenti
- Casarsa della Delizia gli ha dedicato una via del centro e un cenotafio nel cimitero, assieme agli altri caduti per la liberazione.
Note
- ^ Pier Paolo Pasolini, Nico Naldini (cur.), Lettere, Vol. I, Einaudi, Torino 1986, pp. LXVIII ss. La lettera era scaricabile in trascrizione diplomatica on-line dal sito dell'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia
- ^ Il testo completo in Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, Mondadori, Milano 2005, pp. 105-106.
- ^ Pier Paolo Pasolini, Guido voleva combattere per la libertà, non per il comunismo, in Lettere agli amici, Guanda 1976
- ^ Il testo in Massimiliano Valente, Anna Molteni, Pier Paolo Pasolini. La vita. La seconda guerra mondiale. La morte del fratello Guido. Pasolini dal 1945 al 1949, dal sito www.pasolini.net. Archiviato il 27 ottobre 2011 in Internet Archive.
- ^ La lettera in Pier Paolo Pasolini, Nico Naldini (cur.), Un paese di temporali e di primule, Guanda, Parma 1993, p. 183.
- ^ Vie Nuove, n. 28, anno XVI, 15 luglio 1961.
- ^ Pier Paolo Pasolini, "Vittoria", in Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964
- ^ Il testo è riportato in estratto da Dario Fertilio, E i rossi uccisero il partigiano, in Corriere della Sera, 16 marzo 1997, p. 35. La poesia completa in Giovanni Falaschi, La letteratura partigiana in Italia 1943-1945, Editori Riuniti, Roma 1984, p. 264.
- ^ Centro Studi Pier Paolo Pasolini - Casarsa Archiviato l'11 novembre 2012 in Internet Archive.
- ^ La Patrie dal Friûl | SPECIÂL - I Turcs tal teatri
Bibliografia
- Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1999, pp. 61–64).
- Tarcisio Petracco, La lotta partigiana al confine orientale (la bicicletta della libertà), Ribis, Udine, 1994
- Paolo Strazzolini, Da Porzus a Bosco Romagno, Associazione Culturale Forum Democratico, 2006
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Scheda sul sito INSMLI
- Lettera di Guido al fratello in data 27 novembre 1944
- Strage di Porzûs un'ombra cupa sulla resistenza, articolo di Paolo Deotto, sul sito storiainnetwork